2. La rabbia

come gestire l'aggressività

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L'intensità della voce, i movimenti del corpo, la scelta delle parole, tutto ha un effetto su se stessi e sull'altro.

Tra le emozioni che possono mettere in difficoltà l’individuo che le sta provando un posto di rilievo è ricoperto senza ombra di dubbio dalla rabbia. C’è chi ha una familiarità maggiore con questa emozione rispetto ad altri, c’è chi vi ha un facile “accesso” e chi non lo ha, c’è chi si arrabbia facilmente e chi non si arrabbia mai, c’è chi utilizza questa emozione con piacere e c’è invece chi non ne ha alcuna consapevolezza. Il primo aspetto da sottolineare è che non è l’emozione rabbia ad essere pericolosa; pericolose sono le azioni che spinti dalla rabbia gli esseri viventi possono compiere. Per specificare: la rabbia è un’emozione. L’aggressione è un’azione. L’aggressività è un atteggiamento. Non puoi decidere se sentire o meno rabbia, ad esempio quando ti ritrovi in un conflitto, o la senti o non la senti, in intensità più o meno elevata.

Quello che invece puoi decidere è cosa farne della rabbia, se e come utilizzarla. Puoi scegliere di (1) agirla: offese, sputi, lancio di oggetti, cazzotti, spari, bombe, ecc… oppure puoi decidere di (2) esprimerla. La rabbia può essere espressa in vari modi:

(2a) sfogandosi con l’intento di far calare il livello sensoriale percepito come fastidioso riportandolo temporaneamente sotto la soglia di guardia: saccone da boxe, urli, balli, musica, attività fisica, ecc.

(2b) utilizzandola come energia e motivazione per fare altro: comporre un pezzo musicale, diventare campione di pugilato o di atletica, conseguire successi personali “alla faccia di” (in rivalsa), ecc.

(2c) utilizzandola all’interno del conflitto relazionale in cui si sta sentendo.

Due parole su quest’ultimo caso, quello in cui la persona decide di esprimere la rabbia all’interno del conflitto in atto (2c). Nella fantasia di alcuni la rabbia è sinonimo di esplosioni d’ira, urli ed agiti pericolosi. Non è necessariamente così. Ad esempio la rabbia può essere espressa anche in maniera fredda, oppure utilizzando un atteggiamento tipico di alcune arti marziali dove si può essere aggressivi non aggredendo, non andando in avanti, ma togliendo, andando “indietro”. All’interno di un litigio di coppia, una risposta di questo genere potrebbe essere: “…e io domani non ti preparo da mangiare”.

Esprimere la rabbia in un conflitto significa avere un atteggiamento aggressivo, mostrare la propria aggressività o parte di essa. Sul “come” potere esprimere la propria rabbia in un determinato conflitto si apre un orizzonte di possibilità vastissimo. In questa zona immaginativa, in quest’area fatta di possibili alternative, il soggetto può ricercare, sperimentare se stesso, sentire che effetto gli fa, scegliere ed imparare. L’intensità della voce, i movimenti del corpo, la scelta delle parole, tutto ha un effetto su se stessi e sull’altro.

Ecco, quando scegliamo di esprimere la rabbia in un conflitto si potrebbe parlare, più che di una gestione della rabbia, di una gestione dell’aggressività. Dare spazio di espressione alle nostre emozioni è una cosa che siamo chiamati a fare dalla natura stessa delle emozioni, che esistono ed insorgono per spingere all’azione, non per essere ignorate. “Ignorare” la rabbia in alcuni casi può risultare un’azione semplice, vantaggiosa e senza apparenti costi da sostenere. La rabbia può essere rimossa per paura delle conseguenze che possono scaturire dalle azioni che andremmo a compiere, ma non può sparire, può assumere altre forme. Nel caso di eventi sporadici le conseguenze dell’ignorare la rabbia sono assolutamente trascurabili ma in una persona con una strutturazione caratteriale dove costantemente si bypassa la rabbia, le problematiche psichiche e relazionali possono portare l’individuo a raggiungere livelli di sopportazione vissuti come critici.

La rabbia può assumere la maschera del vittimismo, con l’intento di fare sentire in colpa l’altro: d’altronde recriminare è meno pericoloso che controbattere. La rabbia può essere retroflessa: cioè agita su se stessi. Non mi sto riferendo nello specifico al farsi male fisicamente (autolesionismo) ma più in generale ad un blocco del flusso nel ciclo del contatto, ad un collasso dell’energia interna, a tutto ciò che porta alla formazione di un sintomo, come può essere la depressione.

La differenza che c’è tra il trovare una possibilità di espressione della propria rabbia (vantaggiosa per l’individuo) e il non trovarne, sta tutta nell’effetto che fa al soggetto. Si potrebbe presumibilmente affermare che questo è composto dalla differenza che c’è tra il sentirsi impotenti e il sentirsi più efficaci. “Agire” la rabbia porta spesso a fare del male agli altri, a se stessi e a finire nei guai con la legge. “Esprimere” la rabbia, avere maggiore confidenza con essa, avere un range di possibilità di espressione che si allarga sempre più, dà al soggetto la sensazione e la facoltà di gestire meglio la propria aggressività che volenti o nolenti è un aspetto fondamentale dell’esistenza di ogni essere umano. Tutto sta nel “come” lo facciamo.

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